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Trattativa Stato-Mafia: la minaccia rivolta al singolo componente del Governo configura il reato di violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (art. 338 c.p.) e non la fattispecie di attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali (art. 289 c.p.)

Argomento: Dei delitti contro la pubblica amministrazione
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. VI, 10 novembre 2023, n. 45506)

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

“(…)5.3. Entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto che le condotte accertate debbano essere ricondotte alla fattispecie del reato di violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato di cui all’art. 338 cod. pen. e non già a quella di attentato contro gli organi costituzionali di cui all’art. 289 cod. pen., (…), in quanto la nozione di <<corpo politico>>, (…), è talmente ampia, sul piano semantico, da poter ricomprendere anche gli organi costituzionali e, dunque, il Governo. Secondo queste pronunce, inoltre, la fattispecie di cui all’art. 338 cod. pen. sanziona la violenza o la minaccia rivolte direttamente contro le persone che costituiscono il corpo politico; gli atti violenti e le minacce che, senza attingere direttamente i componenti dell’organo costituzionale, abbiano l’effetto di impedire o turbare l’esercizio delle sue attribuzioni sarebbero, invece, ascrivibili all’ambito applicativo del delitto di attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali di cui all’art. 289 cod. pen. (…). 5.6. L’art. 338 cod. pen., rubricato <<violenza o minaccia di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario>>, all’epoca dei fatti in contestazione, puniva, al primo comma, con la reclusione da uno a sette anni <<chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività>>. Questa formulazione è rimasta immutata sino a quando l’art. 1, comma 1, lettera a), della l. 3 luglio 2017, n. 105 (…), ha espressamente previsto anche la punibilità delle condotte di violenza o minaccia poste in essere in danno del <<singolo componente>> dei corpi politici, amministrativi e giudiziari. (…). L’art. 289 cod. pen., nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, (…), puniva, invece, <<con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: al Presidente della Repubblica o al Governo della Repubblica l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla [continua ..]

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